Recensione del Libro:
Il Marchio
di Aurora D'Evals
Recensione di:
Gloria Aghi
Il Marchio, di Aurora D’Evals (Runa Editrice 2014), non è solo un romanzo erotico, è una porta che conduce il lettore in un nuovo mondo, quello del BDSM, per molti considerata una perversione, una forma di dolore gratuito, per loro un modo d’amare.
In quest’opera letteraria l’autrice mostra che il legame tra il master, Ginko, e la slave, Sara, non è solo un rapporto di fiducia instaurato, ma diventa una profonda storia d’amore.
Ginko, tatuatore, appartenente ad un gruppo metal, capelli lunghi e tatuato, rappresenta ciò che un genitore non desidera per la propria figlia, ma proprio lui salva Sara dalla sua “vita zuccherosa”, che in parte anche lei detesta: una famiglia perfetta, fidanzatini come richiede l’etichetta, una camera da ragazzina e un perfetto lavoro in banca.
“La sola idea mi faceva sudare freddo. Pensare di vivere in maniera gentile e premurosa per sempre era qualcosa che mi induceva a chiedermi quale marca di sapone fosse la più adatta a lubrificare il cappio.”
Ginko marchia Sara, la rende sua, con un tatuaggio realizzato appositamente e solamente per lei.
“Ginko. Disegnami. Marchiami. Sono il tuo capolavoro.”
Con queste parole Sara riconosce in lui una guida e si affida nelle sue mani, infatti, nel mondo BDSM, è la slave o schiavo che sceglie il master o la dominatrice in cui porre la propria vita. Il dolore, provato durante il tatuaggio, provocato e controllato da Ginko sveglia Sara dal suo letargo.
Durante tutto il romanzo Sara è messa alla prova, per creare e rafforzare il legame che si sta instaurando, naturalmente all’inizio scappa da ciò, ma torna a ricevere la punizione che merita, non per aver disobbedito, bensì per non essersi mostrata all’altezza dell’attenzione e della richiesta di dimostrazione di sottomissione che Ginko ha chiesto.
“Lui voleva dominare la mia vita, non rovinarla.”
Sara non deve scappare, se non riesce a sopportare le prove basta che usi una termine scelto per fermare il tutto, non è desiderio di Ginko far soffrire la sua slave, al contrario desidera solo il meglio per la vita che domina e gli appartiene, in un tratto dell’opera è proprio lui a farsi indietro di fronte ad una richiesta di gioco di Sara.
Vi sono momenti forti in questo romanzo, quando Sara arriva all’autodistruzione per aver perso la sua guida, si sente smarrita come un cane senza padrone, come una bambina che ha perso il genitore, e, per ritrovare Ginko, si rivolge ad una dominatrice conosciuta in un privet; l’atto viene considerato una forma di tradimento, che porta ad incrinare il rapporto d’amore e quasi a cancellare completamente il legame tra master e slave, perché anche Ginko si sente perso senza la sua slave e solo con una forte prova di sottomissione, chiesta dal suo master, Sara potrà ritornare sotto la sua ala protettrice.
“…non mi rendevo conto
che il guinzaglio ha due capi,
e chi lo tiene in mano non è meno prigioniero
di chi lo porta al collo.”
I personaggi sono ben delineati, dai protagonisti, in cui molti si rispecchieranno, Sara, la ragazzina tutta coccole e perfettina dei genitori, e Ginko, visto come un poco di buono e amante di musica metal, sino all’antagonista.
La narrazione scorre piacevolmente al lettore, con momenti intensi che spingono a continuare la lettura per addentrarsi sempre più nella vita e nella relazione di Ginko e Sara, ma soprattutto nel legame tra master e slave.
Buona lettura.
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